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Data: 01/11/2019
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Pensioni, rivalutati gli assegni più bassi. Per i sindacati si tratta di un'elemosina. Conte difende la manovra ed è scontro nella maggioranza sulle tasse per le auto aziendali Noleggiatori in allarme: «Una stangata su due milioni di veicoli»

La manovra deve ancora arrivare in Parlamento ma già è scontro sulle tasse. Mentre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, continua a difendere la legge di Bilancio, additando come una «bugia» che si tratti di una manovra di sole tasse, le opposizioni salgono sulle barricate contro un governo di «sanguisughe e avvoltoi», come dice il centrodestra, dalla Lega a Fi, e Confindustria descrive l'impianto del programma economico giallorosso come «timido» e troppo pesante nei confronti delle imprese. Mentre i sindacati bocciano come «elemosina» la mini-rivalutazione delle pensioni basse. Tutti poi, maggioranza compresa, si schierano contro le tasse sulle auto aziendali che, dalle ultime bozze, triplicano per tutti i dipendenti, fatta eccezione per chi fa il rappresentante. E non bastano le parole di Roberto Gualtieri, a placare le polemiche: il ministro dell'Economia assicura infatti che la misura è stata «mal raccontata» ma può essere «migliorata», e comunque non tocca «ibride ed elettriche ». Il capo degli industriali, Vincenzo Boccia, guarda anche alla plastic tax, ma a far tremare il settore auto è la stretta sui veicoli in «fringe benefit» che rischia, dice l'Associazione di Confindustria delle auto a noleggio, di azzoppare l'intero comparto. Ma anche tra gli alleati ci sono forti dubbi: per prima Italia Viva fa sapere che si batterà per eliminare «un'altra tassa inutile » che penalizza i lavoratori. Che però vale oltre mezzo miliardo, 513 milioni non semplici da reperire altrove. Soprattutto se si vuole al contempo, come insiste lo stesso Matteo Renzi, eliminare la sugar tax (che di milioni, nel 2020, nel vale «solo» 200, perché parte da metà anno). Anche il Pd, che pure respinge chi agita lo «spauracchio delle tasse», riferendosi sia alla Lega sia agli alleati, chiede un ripensamento sulle auto aziendali. E nel Movimento 5 Stelle, (mentre il sottosegretario Alessio Villarosa getta acqua sul fuoco spiegando che la misura si applicherà solo alle aziende più grosse, salvando i piccoli) ci pensa Stefano Buffagni a chiarire che qualcosa bisognerà fare perché «su quelle voci le tasse i lavoratori già le pagano». Il viceministro allo Sviluppo si scaglia anche contro lo stanziamento, previsto nelle bozze, di 100 milioni per le indennità dei ministeri (e di Palazzo Chigi): sarà «uno scherzetto di Halloween» scrive su Fb, assicurando che la norma sarà cancellata e che quei soldi, semmai, vanno girati alle imprese per creare nuovi posti di lavoro. La navigazione tra le due Camere, che dovrebbe iniziare la prossima settimana, sarà dunque in acque agitate: in Parlamento la manovra potrà essere «ancora migliorata», assicura Luigi Di Maio. Ma chi definisce la manovra come quella «delle tasse», dice il leader del M5s lanciando una stoccata all'ex alleato Salvini, «è chi, facendo cadere il governo avrebbe causato l'aumento dell'Iva». Se è vero che l'imposta sul valore aggiunto non aumenterà e che quindi, come sottolinea anche il premier, non ci sarà un aumento «complessivo della pressione fiscale», è vero anche che nelle 90 pagine della manovra ci sono numerosi microbalzelli. Ad esempio gli aumenti della «tassa sulla fortuna» (che per chi gioca alle new slot scatteranno anche sulle vincite sotto i 500 euro), il rincaro dei tabacchi, che colpirà per la prima volta anche filtri e cartine per le sigarette «fai da te» (anche se il prelievo è stato già limato allo 0,0036 a pezzo contenuto nelle confezioni), l'aumento del 20% dei i diritti consolari all'estero. Senza contare la tassa sugli zuccheri aggiunti e quella, appunto, sulla plastica, che non si applicherà su compostabili e siringhe ma che, secondo i leghisti, costerà 110 euro a famiglia.

Noleggiatori in allarme: «Una stangata su due milioni di veicoli»

L'industria dell'auto si scaglia contro la tassa sui veicoli aziendali, spuntata in manovra. «Colpisce 2 milioni» di macchine e lavoratori, tuona l'Aniasa,l'associazione delle imprese del noleggio. Ma è anche polemica politica. Insorgono le opposizioni e i mal di pancia si fanno sentire all'interno della maggioranza. «Non è su tutte le aziende, solo le più grosse», sostiene il sottosegretario pentastellato all'Economia, Alessio Villarosa. Sta di fatto che la stretta sul cosiddetto «fringe benefit», a quanto si apprende, dovrebbe fruttare 513 milioni. Oggi l'auto aziendale rientra tra le voci della retribuzione, ma solo il 30% del suo valore è sottoposto a imposizione. Uno sconto fiscale che nasce da una constatazione, spiega l'Aniasa:«Tassare solo l'uso slegato dal lavoro. Presupponendo che l'auto aziendale da lunedì al venerdì sia a disposizione del dipendente per lo svolgimento delle sue mansioni, quello che emerge a fini fiscali sarebbe solo il weekend». Le bozze di manovra tolgono l'agevolazione, per cui tutto il valore dell'auto sarebbe soggetto a imposte. Su questa parte di reddito quindi la tassazione triplicherebbe. E gli interessati sarebbero tutti coloro che hanno la macchina a disposizione in uso esclusivo, escludendo i veicoli in «pool», per cui hanno le chiavi più dipendenti, e gli agenti di commercio, il cui lavoro è inscindibile dalle quattro ruote. La stretta fiscale si farebbe così sentire sull'80% del parco auto aziendale complessivo, sempre secondo Aniasa, il ramo di Confindustria attivo nel noleggio. Una misura, lamenta l'associazione, «che affossa definitivamente il mercato dell'auto e che colpisce in busta paga circa 2 milioni di lavoratori», quanti sono i mezzi interessati. «Il Governo che, a parole con il Tavolo sull'Auto, dichiara di voler supportare la filiera delle quattro ruote, ne sta determinando il collasso», è l'accusa dell'associazione. Quanto alla diffusione, secondo l'Aniasa «le auto aziendali ormai sono molto diffuse, presenti in oltre il 90% delle grandi aziende ma anche in molte piccole e medie imprese. Non c'è un settore merceologico che tira di più. E non è vero che si tratta sempre di segmenti alti».

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