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Data: 04/04/2021
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

«Servono più fondi per strade e ferrovie» Il commissario Legnini: «Area strategica isolata da barriere fisiche e digitali»

L'intervista a Giovanni Legnini «La ricostruzione delle aree del terremoto sta decollando: a fine anno aperti 3.500 cantieri»


Giovanni Legnini è commissario alla ricostruzione post sisma. Ma nella sua lunga carriera ha ricoperto molti importanti incarichi. È stato vicepresidente del Csm, sottosegretario all'Economia, stesso ruolo che ha ricoperto a Palazzo Chigi occupandosi in particolare di Roma. Il suo punto di vista, insomma, lo esprime da un osservatorio privilegiato.
Commissario Legnini, nella disattenzione generale è emersa, dopo quella meridionale, una questione dell'Italia Centrale.
«Ho seguito con molta attenzione il dibattito che avete suscitato e che pone temi di straordinario rilievo per la ripresa e per il futuro dei nostri territori e dell'intero Paese. Esiste senza ombra di dubbio una questione dell'Italia Centrale. C'è necessità di invertire la marginalizzazione dell'Appenino centrale nei decenni passati».
I dati sono impietosi. Redditi in calo, disoccupazione, spopolamento. Come si è arrivati a questo punto?
«Si sono sommate negli anni diverse crisi: prima un progressivo scivolamento verso la costa di attività produttive, quindi lo spopolamento, mentre le barriere fisiche e digitali impedivano di percorrere nuovi sentieri di sviluppo. Poi ci sono stati i due grandi terremoti del 2009 e 2016- 2017 che hanno dato un colpo di grazia ad ampi territori delle quattro regioni del centro Italia, e infine la pandemia».
Lei parlava delle barriere fisiche. L'esperienza del Mezzogiorno insegna che i ritardi dipendono dalla mancanza di infrastrutture. Al Sud, con l'Alta velocità Napoli-Bari, qualcosa si muove. E al Centro?
«Ci sono tre grandi direttrici orizzontali che attendono di essere innovate e potenziate: la Roma-Pescara, dove c'è un'autostrada efficiente ma che deve essere messa in sicurezza, e una linea ferroviaria ottocentesca il cui potenziamento è per fortuna ormai deciso e va finanziato con il Recovery. C'è l'asse della Salaria, che va urgentemente completato ed è uno degli interventi commissariati dal governo. E infine c'è da ultimare il quadrilatero dei collegamenti Umbria-Marche. Per entrambe tali direttrici c'è il tema del potenziamento delle ferrovie. Infrastrutture da collegare con i porti».
A proposito di porti, la vecchia versione del Recovery sembra puntare molto su Genova e Trieste.
«Va affrontato con urgenza il tema del corridoio penisola iberica - Balcani con la trasversalità, in particolare per il traffico merci, della linea Civitavecchia- porti abruzzesi in sinergia con Ancona. L'asse Roma - Pescara è decisiva ma sono importanti tutte le tre direttrici che attraversano le quattro Regioni. Un'intelaiatura infrastrutturale trasversale che può rappresentare un punto di forza per l'intero Paese. Ma vanno garantiti anche i collegamenti verticali».
In che senso verticali?
«Le pedemontane. Hanno un ruolo importantissimo, insieme alla connessione digitale, per far uscire molti territori appenninici dall'isolamento e far sì che in quei luoghi bellissimi si possa tornare a vivere e lavorare, nella fase della ricostruzione post sisma e post pandemia».
Senta, il Recovery è l'unica e ultima occasione per agganciare il treno europeo della ripresa. I fondi e i progetti destinati al Centro Italia sono sufficienti?
«Il governo ha riconosciuto alle aree interessate dalle ricostruzioni fondi aggiuntivi per la rigenerazione urbana e lo sviluppo. È importante ma non basta».
Cos'altro serve?
«Al Centro Italia andrebbe data una priorità su tutte le linee di azione strategiche del Recovery, dalla transizione verde e digitale alle infrastrutture, come è stato giustamente fatto per il Sud».
Un'ultima cosa. La Svimez nel suo rapporto dice nel Centro le aree che hanno sofferto di più sono state quelle colpite dal sisma. A che punto è la ricostruzione?
«La ricostruzione 2016, dopo un anno di profonde innovazioni e semplificazioni, è finalmente decollata: a fine anno avevamo 3.500 cantieri aperti, solo nei primi tre mesi di quest'anno abbiamo concesso circa 1.600 contributi ai privati con altrettanti cantieri aperti o in via di apertura, mentre le opere pubbliche di cui si prevede l'avvio quest'anno saranno circa 600. Ma c'è ancora molto da fare, a partire dai centri storici distrutti sin qui totalmente fermi e che entro l'anno potranno avviare un difficilissimo e complesso processo di ricostruzione sulla base di ciò che stiamo decidendo in questi mesi».
Quante sono le famiglie tornate nelle proprie case?
«Circa 4.500 ma sono ancora troppe quelle che attendono e che hanno diritto di veder ricostruite le loro case al più presto. Con i superbonus edilizi, aggiuntivi al contributo di ricostruzione, prevediamo ulteriori consistenti incrementi di progetti e decreti, con un ritmo delle procedure triplo rispetto a quello di un anno fa. Ma alla ricostruzione materiale va aggiunta la leva dello sviluppo e a ciò, grazie alle decisioni del Governo, stiamo lavorando».Giovanni Legnini è commissario alla ricostruzione post sisma. Ma nella sua lunga carriera ha ricoperto molti importanti incarichi. È stato vicepresidente del Csm, sottosegretario all'Economia, stesso ruolo che ha ricoperto a Palazzo Chigi occupandosi in particolare di Roma. Il suo punto di vista, insomma, lo esprime da un osservatorio privilegiato.
Commissario Legnini, nella disattenzione generale è emersa, dopo quella meridionale, una questione dell'Italia Centrale.
«Ho seguito con molta attenzione il dibattito che avete suscitato e che pone temi di straordinario rilievo per la ripresa e per il futuro dei nostri territori e dell'intero Paese. Esiste senza ombra di dubbio una questione dell'Italia Centrale. C'è necessità di invertire la marginalizzazione dell'Appenino centrale nei decenni passati».
I dati sono impietosi. Redditi in calo, disoccupazione, spopolamento. Come si è arrivati a questo punto?
«Si sono sommate negli anni diverse crisi: prima un progressivo scivolamento verso la costa di attività produttive, quindi lo spopolamento, mentre le barriere fisiche e digitali impedivano di percorrere nuovi sentieri di sviluppo. Poi ci sono stati i due grandi terremoti del 2009 e 2016- 2017 che hanno dato un colpo di grazia ad ampi territori delle quattro regioni del centro Italia, e infine la pandemia».
Lei parlava delle barriere fisiche. L'esperienza del Mezzogiorno insegna che i ritardi dipendono dalla mancanza di infrastrutture. Al Sud, con l'Alta velocità Napoli-Bari, qualcosa si muove. E al Centro?
«Ci sono tre grandi direttrici orizzontali che attendono di essere innovate e potenziate: la Roma-Pescara, dove c'è un'autostrada efficiente ma che deve essere messa in sicurezza, e una linea ferroviaria ottocentesca il cui potenziamento è per fortuna ormai deciso e va finanziato con il Recovery. C'è l'asse della Salaria, che va urgentemente completato ed è uno degli interventi commissariati dal governo. E infine c'è da ultimare il quadrilatero dei collegamenti Umbria-Marche. Per entrambe tali direttrici c'è il tema del potenziamento delle ferrovie. Infrastrutture da collegare con i porti».
A proposito di porti, la vecchia versione del Recovery sembra puntare molto su Genova e Trieste.
«Va affrontato con urgenza il tema del corridoio penisola iberica - Balcani con la trasversalità, in particolare per il traffico merci, della linea Civitavecchia- porti abruzzesi in sinergia con Ancona. L'asse Roma - Pescara è decisiva ma sono importanti tutte le tre direttrici che attraversano le quattro Regioni. Un'intelaiatura infrastrutturale trasversale che può rappresentare un punto di forza per l'intero Paese. Ma vanno garantiti anche i collegamenti verticali».
In che senso verticali?
«Le pedemontane. Hanno un ruolo importantissimo, insieme alla connessione digitale, per far uscire molti territori appenninici dall'isolamento e far sì che in quei luoghi bellissimi si possa tornare a vivere e lavorare, nella fase della ricostruzione post sisma e post pandemia».
Senta, il Recovery è l'unica e ultima occasione per agganciare il treno europeo della ripresa. I fondi e i progetti destinati al Centro Italia sono sufficienti?
«Il governo ha riconosciuto alle aree interessate dalle ricostruzioni fondi aggiuntivi per la rigenerazione urbana e lo sviluppo. È importante ma non basta».
Cos'altro serve?
«Al Centro Italia andrebbe data una priorità su tutte le linee di azione strategiche del Recovery, dalla transizione verde e digitale alle infrastrutture, come è stato giustamente fatto per il Sud».
Un'ultima cosa. La Svimez nel suo rapporto dice nel Centro le aree che hanno sofferto di più sono state quelle colpite dal sisma. A che punto è la ricostruzione?
«La ricostruzione 2016, dopo un anno di profonde innovazioni e semplificazioni, è finalmente decollata: a fine anno avevamo 3.500 cantieri aperti, solo nei primi tre mesi di quest'anno abbiamo concesso circa 1.600 contributi ai privati con altrettanti cantieri aperti o in via di apertura, mentre le opere pubbliche di cui si prevede l'avvio quest'anno saranno circa 600. Ma c'è ancora molto da fare, a partire dai centri storici distrutti sin qui totalmente fermi e che entro l'anno potranno avviare un difficilissimo e complesso processo di ricostruzione sulla base di ciò che stiamo decidendo in questi mesi».
Quante sono le famiglie tornate nelle proprie case?
«Circa 4.500 ma sono ancora troppe quelle che attendono e che hanno diritto di veder ricostruite le loro case al più presto. Con i superbonus edilizi, aggiuntivi al contributo di ricostruzione, prevediamo ulteriori consistenti incrementi di progetti e decreti, con un ritmo delle procedure triplo rispetto a quello di un anno fa. Ma alla ricostruzione materiale va aggiunta la leva dello sviluppo e a ciò, grazie alle decisioni del Governo, stiamo lavorando».

04 aprile 2021 il messaggero


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