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Data: 29/12/2021
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Boom dei contratti collettivi. L’allarme del Cnel: «È un fenomeno patologico, alimenta la concorrenza sleale e riduce le tutele». Gli accordi registrati sfiorano quota mille, quasi la metà sono “pirata” e distorcono l’intero mercato

Confindustria, Cgil, Cisl, e Uil in attesa della certificazione inps sul peso delle rappresentanze


ROMA Unacrescitaabnormee «senza sosta» da almeno un decennio a questa parte, tanto da diventare «un fenomeno patologico»: è il numerodei contratti collettivi di lavoro depositati al Cnel. Nel 2021 sfiorano i mille, per la precisione sono 933.Eparliamosolo del settore privato. L’anno precedente erano il 9% in meno, in termini assoluti significa che nell’arco di 12 mesi sononati 77 nuovi contratti collettivi. Per la maggior parte firmati da sigle sindacali costituite per l’occasione insieme a uno sparuto gruppetto di imprese chenonhannointenzione di riconoscere ai loro dipendenti le stesse tutele economiche e normative previste nei contratti più rappresentativi del loro settore.Uno«shoppingalribasso», una sorta di continuo “black friday” aspesedeilavoratori.

TUTELE TAGLIATE Sonoannicheil Cnel, guidatodaTiziano Treu, sottolinea questa distorsione. Sonoannichele partisociali più rappresentative condividono l’allarme.Main realtà poco o nullaè stato fatto finorapercontrastare il fenomeno. Chi sguazza in questa situazione rileva: il pluralismo associativo e la libertà sindacale sono tutelati dalla Costituzione. E lo stesso Cnel osserva: questo proliferare di “fonti collettive ” «in linea teorica non sarebbe necessariamente negativo qualora generasse effetti concorrenziali virtuosi ». Ma poi aggiunge: «Il guaio è chegli effetti concorrenziali agisconosoprattuttoalribasso ». Se il numero assoluto di nuovi Ccnl è rilevante, non è così per la platea di lavoratori e aziende coinvolte. Secondo i dati del Cnel, 353 contratti su 933 (38%) sono sottoscrittida organizzazioni datoriali e sindacalinonrappresentati al Cnel ecoinvolgonoappena33mila lavoratori, ovvero circa lo0,3% degli oltre 12 milioni di lavoratori privati. Prendiamo il settore dei chimici: è quello che nel 2021 ha visto il maggior incremento percentuale di contratti, passati da 21 a 29 (+38%). Ebbene, scorrendo la tabella dettagliata, si scopre che c’è un contrattofirmatodaAdli, Coopitaliane,Famar Confamar, che coinvolge 4 aziende e7 lavoratori.Unaltro (firmatari Federterziario, Confimea, Cfc, Ugl Chimici) riguarda 6 aziende artigiane del settore conciario e 25 lavoratori. Numeri simili (8 datori lavoro e 27 dipendenti) per quello depositato dagli stessi firmatari che riguarda cooperative e aziendedelsettoreabrasivi.

L’ALIBI Icosiddetti“contrattipirata”fanno maleai lavoratori coinvolti direttamente, madi fatto all’intero mercato del lavoro. E negli anni sono diventati l’alibi per chi vorrebbe introdurre «il salario minimo» per legge. Un ragionamento sposato anche dal ministro del Lavoro,Andrea Orlando, che partendo dalla constatazionedel cattivo funzionamento della contrattazione nazioROMA Unacrescitaabnormee «senza sosta» da almeno un decennio a questa parte, tanto da diventare «un fenomeno patologico»: è il numerodei contratti collettivi di lavoro depositati al Cnel. Nel 2021 sfiorano i mille, per la precisione sono 933.Eparliamosolo del settore privato. L’anno precedente erano il 9% in meno, in termini assoluti significa che nell’arco di 12 mesi sononati 77 nuovi contratti collettivi. Per la maggior parte firmati da sigle sindacali costituite per l’occasione insieme a uno sparuto gruppetto di imprese chenonhannointenzione di riconoscere ai loro dipendenti le stesse tutele economiche e normative previste nei contratti più rappresentativi del loro settore.Uno«shoppingalribasso», una sorta di continuo “black friday” aspesedeilavoratori.

TUTELE TAGLIATE Sonoannicheil Cnel, guidatodaTiziano Treu, sottolinea questa distorsione. Sonoannichele partisociali più rappresentative condividono l’allarme.Main realtà poco o nullaè stato fatto finorapercontrastare il fenomeno. Chi sguazza in questa situazione rileva: il pluralismo associativo e la libertà sindacale sono tutelati dalla Costituzione. E lo stesso Cnel osserva: questo proliferare di “fonti collettive ” «in linea teorica non sarebbe necessariamente negativo qualora generasse effetti concorrenziali virtuosi ». Ma poi aggiunge: «Il guaio è chegli effetti concorrenziali agisconosoprattuttoalribasso ». Se il numero assoluto di nuovi Ccnl è rilevante, non è così per la platea di lavoratori e aziende coinvolte. Secondo i dati del Cnel, 353 contratti su 933 (38%) sono sottoscrittida organizzazioni datoriali e sindacalinonrappresentati al Cnel ecoinvolgonoappena33mila lavoratori, ovvero circa lo0,3% degli oltre 12 milioni di lavoratori privati. Prendiamo il settore dei chimici: è quello che nel 2021 ha visto il maggior incremento percentuale di contratti, passati da 21 a 29 (+38%). Ebbene, scorrendo la tabella dettagliata, si scopre che c’è un contrattofirmatodaAdli, Coopitaliane,Famar Confamar, che coinvolge 4 aziende e7 lavoratori.Unaltro (firmatari Federterziario, Confimea, Cfc, Ugl Chimici) riguarda 6 aziende artigiane del settore conciario e 25 lavoratori. Numeri simili (8 datori lavoro e 27 dipendenti) per quello depositato dagli stessi firmatari che riguarda cooperative e aziendedelsettoreabrasivi.

L’ALIBI Icosiddetti“contrattipirata”fanno maleai lavoratori coinvolti direttamente, madi fatto all’intero mercato del lavoro. E negli anni sono diventati l’alibi per chi vorrebbe introdurre «il salario minimo» per legge. Un ragionamento sposato anche dal ministro del Lavoro,Andrea Orlando, che partendo dalla constatazionedel cattivo funzionamento della contrattazione nazionale, rilancia la contestata idea del salario minimo legale. Che poi è quasicomedire:mifamalelatesta, quindi la taglio. Eppure gli strumenti per arginare i furbetti dei contratti ci sarebbero. A partire dall’accordo sulla rappresentanza sindacale, faticosamente raggiunto nel 2014, poi “rifinito” nel 2017, tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil che dovrebbe “pesare” le varie organizzazioni ai fini della sottoscrizione dei contratti e della loro validità ergaomnes.Ilcompitodi certificare il peso di ognuno (attraverso un mix di iscritti e voti) spetta all’Inps: la convenzione fu siglata a settembre 2019. Il primo responso era previsto per il 2020, poi è arrivato il Covid e il procedimento si è arenato. Ora si spera nel primo semestre 2022. La battaglia contro i contratti pirata che alimentano il dumping sociale da qualche settimana ha comunque un’arma in più: il codice di identificazione unico Cnel Inps. «Grazie all’unione delle banche dati - ha spiegato Treu - gli accordi che presentano elementi sospetti saranno segnalatiall’IspettoratodelLavoro ».


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