ROMA Alle 20 il capo dello Stato, Sergio Mattarella, spiega perché ci sarà un secondo giro di consultazioni, a partire da martedì: «La crisi va risolta all'insegna di decisioni chiare e in tempi brevi». O si trova un'alleanza, o si va al voto, si comprende dal ragionamento del presidente. Che aggiunge: «Nel corso delle consultazioni mi è stato comunicato da parte di alcuni partiti che sono state avviate iniziative per un'intesa in Parlamento per un nuovo governo e mi è stata avanzata la richiesta di avere il tempo di sviluppare questo confronto. Anche da parte di altre forze politiche, del resto, è stata rappresentata la possibilità di ulteriori verifiche». La trattativa M5S-Pd può cominciare ufficialmente, anche se restano i nodi del programma. I grillini vogliono partire dal taglio dei parlamentari, il Pd vuole che prima di tutto ci sia una bozza di manovra economica. Oggi inizieranno le trattative. L'incontro tra i capigruppo M5S Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli e la delegazione Pd formata dai capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio e dai vicesegretari Andrea Orlando e Paola De Micheli è previsto nel pomeriggio. Zingaretti ieri sera ha ricordato: «Dalle proposte e dai principi da noi illustrati al Capo dello Stato e dai punti programmatici esposti da Di Maio, emerge un quadro su cui si può iniziare a lavorare». E oggi il segretario Pd potrebbe incontrare Di Maio. Fino alle parole del presidente, era stato il giovedì delle condizioni - dieci del Movimento 5 Stelle, cinque più tre del Pd - e delle tensioni per una intesa quanto mai difficile, con il capo dello Stato chiamato a cercare una sintesi.
IL TENTATIVOPillole dai discorsi post consultazioni dei due leader: Zingaretti dice che «il Pd ha dato la sua disponibilità a verificare l'esistenza di una nuova maggioranza, ma con una discontinuità politica e programmatica»; Di Maio spiega: «Il voto non ci intimorisce ma non può essere la fuga dalle promesse fatte dagli italiani».
Tutto questo malgrado il leader della Lega, Matteo Salvini, dopo avere incontrato Mattarella, abbia provato a rilanciare l'intesa con M5S: «Credo che Di Maio abbia lavorato nell'interesse del Paese, agli insulti di altri preferisco non rispondere. Se ci ripensano, ci siamo». Una parte del Movimento non è insensibile a questa proposta, ma la linea dettata da Grillo e Casaleggio di isolare Salvini è stata perentoria e, forse suo malgrado, Di Maio ha dovuto applicarla.
Eppure,al mattino la trattativa tra Pd e Movimento 5 Stelle sembrava compromessa. Dopo che la delegazione dem, guidata da Nicola Zingarettti, ha illustrato la sua posizione a Mattarella, con le cinque condizioni votate dalla direzione nazionale, si era diffusa una sintesi differente, con tre più stringenti richieste del Pd, a partire dallo stop al taglio dei parlamentari. Apriti cielo: i renziani si sono infuriati con Zingaretti temendo che volesse compromettere l'accordo. Il segretario ha precisato: non è cambiato nulla, che le condizioni illustrate sono le cinque votate dalla direzione nazionale. La tempesta si è placata, in attesa che la delegazione del M5S, per ultima, venisse ricevuta al Quirinale. «Si presenteranno con dieci condizioni - prevede un parlamentare del Pd buon profeta - ma se alzano la posta tutto diviene ancora più complicato». Nel frattempo da Mattarella è andata Forza Italia. Silvio Berlusconi: «Il centrodestra è la maggioranza naturale degli italiani. Non riferisco le frasi con cui la signora Merkel e Juncker hanno definito il precedente governo». Giorgia Meloni (FdI): «No all'ipotesi di mettere in piedi governi eterodiretti da Francia e Germania». E Di Maio? Alle 17 ha illustrato al capo dello Stato i dieci impegni chiesti da M5S. La lista parte proprio dal voto del taglio dei parlamentari, a cui Zingaretti aveva detto no o forse ni.
Il taglio degli onorevoli si farà, i rosso-gialli verso un accordo su una riforma proporzionale
ROMA Che cosa sta succedendo intorno al taglio dei parlamentari? Al di là del polverone sollevato ieri pomeriggio su uno stop del Pd, i dem hanno messo già da qualche giorno questo argomento sul tavolo delle trattative con i 5Stelle e hanno chiesto che la riforma molto cara ai pentastellati venisse integrata con altre iniziative a partire da una nuova legge elettorale.
La vera novità sta nel fatto che la futura legge elettorale - sempre ammesso che M5S-Pd raggiungano un'intesa - dovrebbe essere proporzionale. E quest'ultimo elemento dovrebbe essere apprezzato dai 5Stelle che sono sempre stati proporzionalisti.
Sempre in sede di trattativa il Pd starebbe insistendo con i 5Stelle per approvare o quantomeno far partire la nuova legge elettorale prima dell'approvazione definitiva del taglio dei parlamentari da parte della Camera.
Perché i dem insistono tanto su questo punto? Per due ragioni: la prima riguarda il rapporto fra eletti ed elettori. In base all'attuale legge elettorale se i senatori scendono a 200, circa 65 (un terzo del totale) verrebbero eletti in collegi maggioritari dove vince quello che prende più voti. Ma essendo solo 65 i collegi sarebbero enormi con circa 800.000 elettori per ogni senatore eletto con il maggioritario. «Chiaro che non esisterebbe nessun rapporto fra eletto ed elettori - sottolineano al Pd - e questo indebolirebbe le basi stesse della nostra democrazia parlamentare». Poi c'è un tema più generale di funzionamento del parlamento. Con un numero limitato di deputati e senatori bisognerebbe rivedere regolamenti e funzionamento delle Commissioni anche per dribblare possibili fenomeni di corruzione visto che lo spostamento di un solo parlamentare da uno schieramento ad un altro potrebbe essere determinante in molti frangenti. Ma il vero obiettivo dei dem è politico: concordare con i 5Stelle una riforma organica che differenzi il Senato dalla Camera e, magari nell'ambito di un nuovo accordo sulle Autonomie regionali, dia a Palazzo Madama la funzione di rappresentare gli enti locali consentendo magari la partecipazione ad alcuni lavori dei presidenti di Regione o di loro rappresentanti.