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Data: 12/03/2024
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Morto sul lavoro al porto: ora in 6 rischiano il processo «Violate norme di sicurezza». Un operaio di 41 anni fu colpito da un cavo d'acciaio che si sganciò da una gru

ORTONA In sei rischiano di finire sotto processo per la morte di Mark Canete Pepito, filippino di 41 anni, l'operaio marittimo della Micoperi vittima dell'incidente avvenuto al porto di Ortona l'8 novembre 2022. Una tragedia, sostiene la procura della Repubblica di Chieti, causata dalla violazione di una serie di norme sulla sicurezza del lavoro. Il pubblico ministero Giancarlo Ciani ha firmato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.UN INDAGATO ECCELLENTEL'indagato eccellente è Silvio Bartolotti, 79 anni di Lugo (Ravenna), armatore, datore di lavoro e amministratore delegato della Micoperi, azienda internazionale leader dell'industria offshore, cioè specializzata nell'installazione delle strutture sottomarine e nei lavori subacquei, ed entrata nella storia per numerose operazioni: dall'incrociatore Trieste nel 1948 alla bonifica del Canale di Suez nel 1957, fino al recupero della nave da crociera Costa Concordia, naufragata il 13 gennaio 2012 all'Isola del Giglio. GLI ALTRI NOMISotto accusa sono finiti anche Mario Donato, 62 anni di Messina, comandante del galleggiante Micoperi Trenta; Pietro Altamura, 65 anni di Molfetta (Bari), nostromo e preposto per la sicurezza nei luoghi di lavoro; Roberto Nieddu, 50 anni di Alghero, responsabile di bordo e dell'operazione di sollevamento dei carichi; Celso Jr Bentulan, 29 anni, lavoratore filippino; e Sasha Argentino, 23 anni di Ortona, gruista. Sono tutti accusati di omicidio colposo. Quella mattina Pepito stava caricando e scaricando una chiatta (Micourier 2), di supporto alla Micoperi Trenta, sulla banchina di riva nuova. Durante le operazioni di sollevamento con una gru di un grosso cavo in acciaio, raggiunta la quota di 20 metri d'altezza, si è verificato il cedimento dell'imbracatura, ovvero una fascia in poliestere con tenuta di 40 tonnellate. Il cavo, tecnicamente chiamato braca, ha colpito Pepito, che è caduto in mare e ha riportato lesioni craniche dalle quali è derivato il decesso, come accertato dall'autopsia affidata al medico legale PietroFalco. LE ACCUSEQuanto al mancato rispetto delle norme di sicurezza, Donato è accusato di non aver «verificato l'uso corretto di tutte le attrezzature di sollevamento». Altamura non avrebbe rispettato i compiti a lui assegnati, ovvero garantire «che il personale si tenga lontano dai carichi sospesi; che i trasferimenti dei carichi siano correttamente pianificati; che eventuale attrezzatura di sollevamento portatile inadatta allo scopo venga scartata». Nieddu, anche in qualità di primo ufficiale responsabile della sicurezza, insieme a Bartolotti, non avrebbe fatto attuare le adeguate istruzioni di lavoro, «omettendo la valutazione del rischio specifico». Bentulan è finito nei guai per non aver osservato le misure di sicurezza predisposte dall'armatore, compiendo «operazioni che mettevano a rischio la vita di altri lavoratori, con particolare riferimento all'avvenuto collegamento tra la braca di acciaio e la braca in tela al bozzello della gru». Argentino ha proceduto al sollevamento del cavo «nonostante la presenza nell'area di manovra di lavoratori». Bartolotti, infine, ha omesso «di fare eseguire i prescritti controlli periodici di sicurezza alla braca in acciaio zincata della lunghezza di 32 metri con diametro di 64 millimetri, in tal modo pregiudicando la possibilità di accertare l'esistenza di filamenti che determinavano il taglio della braca in tela». L'ITERGli indagati - difesi dagli avvocati Rocco Giancristofaro, Carlo Golda, Felice Petruzzella, Antonella Di Maio, Ermanno Cicognani e Anna Rita Schiazza - hanno venti giorni di tempo per presentare memorie, produrre documenti o chiedere di essere interrogati. Poi la procura deciderà se sollecitare l'archiviazione o il rinvio a giudizio.


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